Esiste un modello di riferimento per il concetto di brand nel settore non profit? Il brand non profit è un semplice logo? Un marchio? È un qualcosa derivato dal marketing profit e traslato nella realtà del terzo settore? In sintesi: quali caratteristiche ha il brand di un’organizzazione non profit?
A queste domande sta cercando di rispondere un gruppo di ricercatori dell’Università di Harvard, che ha tracciato, dopo un lavoro sul campo di 18 mesi e numerose interviste a figure chiave del non profit (leaders, fundraisers, esperti di marketing), la cornice di riferimento del brand non profit. Il nuovo modello è stato chiamato IDEA Framework.
Nel BaleiaBlog abbiamo già parlato più volte di brand e non profit. In questo post cercherò di riassumere e schematizzare i risultati di questa bella ricerca. Per chi fosse interessato ad approfondire (e, credetemi, vale la pena farlo!), Nathalie Kylander e Christopher Stone, membri del gruppo di ricerca, presentano il lavoro in quest’articolo.
Da una vecchia a una nuova idea di brand non profit
C’è da dire, innanzitutto, che si è passati da un paradigma di brand non profit di vecchio stampo ad un paradigma emergente. Fino ad una decina di anni fa il brand non profit era considerato uno strumento di comunicazione utile a dare visibilità e ottenere più frutti in termini di fundraising.
In seguito il brand ha iniziato ad avere un ruolo più complesso nel mondo del non profit: quello di trasmettere all’esterno l’insieme di valori, la strategia, i metodi operativi e gli obiettivi ultimi dell’organizzazione. Il brand non profit diviene un elemento chiave nella teoria del cambiamento alla base dell’azione non profit, poiché contribuisce a costruire capacità operative, a galvanizzare i sostenitori e a mettere bene a fuoco la mission sociale delle organizzazioni.
Il modello di brand non profit proposto dai ricercatori di Harvard è stato tracciato dopo aver individuato le fonti di orgoglio dei leaders e il ruolo del brand nelle organizzazioni.
Le fonti di orgoglio dei leaders non profit
I motivi di orgoglio sono stati scovati a partire dallo scetticismo mostrato nei confronti del vecchio concetto di brand da parte di chi lavora nelle organizzazioni non profit.
I problemi evidenziati sono quattro:
- Il brand è associato al mondo commerciale e all’idea di guadagno economico;
- L’eccessiva insistenza sull’importanza del brand è vista come un approccio top-down e parte di una gestione poco democratica dell’organizzazione;
- L’importanza data al brand risponde alla vanità dei leaders e non a ai reali bisogni dell’organizzazione;
- I brand più forti possono oscurare quelli poco conosciuti quando si lavora con più partners.
Rovesciando ciascuna di queste criticità si possono identificare le corrispondenti fonti di orgoglio delle organizzazioni non profit legate all’uso del brand. Queste sono, nell’ordine:
- orgoglio per la mission dell’organizzazione;
- orgoglio per una pianificazione partecipativa;
- orgoglio per i valori che definiscono la cultura dell’organizzazione;
- orgoglio per le partnerships collaborative.
La funzione del brand nelle organizzazioni non profit
Dopo essersi confrontati con gli scettici del brand non profit, i ricercatori di Harvard hanno ascoltato gli entusiasti per capire quali funzioni ha, secondo loro, il brand. Da interviste e lavoro sul campo, è emerso che:
- Internamente il brand veicola identità, valori, mission dell’organizzazione non profit e comunica a chi lavora con l’organizzazione stessa “dove si vuole andare”.
- Esternamente il brand trasmette l’immagine che i vari stakeholders (donatori, volontari ma anche attori su cui si esercita pressione, come enti pubblici o aziende) hanno in mente.
- Il brand non profit è più forte se l’identità interna e l’immagine esterna sono bene allineati
- Un brand forte che rispecchia allineamento di mission, valori, identità e immagine esterna produce coesione tra i diversi componenti di un’organizzione non profit e genera fiducia tra partners, beneficiari e donatori.
- Coesione e fiducia migliorano la capacità operativa e producono un maggiore impatto sulla società.
- Questi elementi possono generare un circolo virtuoso.
Brand non profit: il modello IDEA
Dopo aver identificato fonti di orgoglio e ruolo del brand la ricerca definisce il modello del nuovo brand non profit, chiamato IDEA Framework. Il modello è fondato su quattro aspetti chiave: integrità (brand integrity), democrazia (brand democracy), etica (brand ethics) e affinità (brand affinity).
- L’integrità si ha quando l’identità interna dell’organizzazione è allineata con la sua immagine esterna ed entrambe sono allineate con la mission (in questo caso si intende l’integrità strutturale non quella morale).
- La democrazia si ha quando l’organizzazione consente ai suoi operatori, volontari e sostenitori di comunicare l’identità dell’organizzazione con le proprie modalità. Significa che viene meno (senza che si sfoci nell’anarchia del brand) la necessità di un controllo stretto sui meccanismi di comunicazione.
- L’etica del brand si ha quando identità interna dell’organizzazione e immagine esterna riflettono i valori dell’organizzazione.
- L’affinità del brand si raggiunge quando questo riesce a condividere spazio con altri brand (di forza uguale o differente). In questo modo il brand riuscirà ad attrarre nuovi partners e collaborazioni.
Per concludere
L’articolo dei ricercatori di Harvard propone anche esempi e casi studio, che vi invito a consultare. Qui mi sono limitato a presentarvi questo modello di brand non profit, che a me è sembrato interessante e innovativo.
Allo stesso tempo ho dei dubbi rispetto alla sua applicabilità al caso delle piccole organizzazioni non profit (tant’è che gli esempi citati dagli autori fanno riferimento all’esperienza di organizzazioni di grandi e medie dimensioni).
Voi cosa ne pensate? Per un’organizzazione non profit può davvero essere così utile investire sul brand? Le piccole organizzazioni possono rientrare nel modello IDEA?
PS. Scusate se sono ripetitivo ma il mio invito rimane lo stesso: seguiteci su Twitter e abbonatevi ai nostri Feed!